lunedì 29 giugno 2009

6 minuti di sport

ROMA - Per il popolo dei sedentari la speranza arri­va dal Canada: 6 minuti alla settimana a tutta birra e la for­ma fisica è assicurata. Una ri­cerca condotta da Martin Gi­bala, direttore del Diparti­mento di Cinetica alla McMa­ster University dell’Ontario, potrebbe esplorare confini au­daci nel mondo del fitness. Lo racconta il New York Ti­mes. E il pezzo è diventato su­bito uno dei più letti dell’edi­zione online del quotidiano.
Nel suo laboratorio Gibala ha applicato a un gruppo di studenti (tutti in buona for­ma fisica, ma nessun atleta professionista) ciò che all’Isti­tuto nazionale per la salute e la nutrizione del Giappone avevano fatto qualche anno prima con i topi. Un gruppo di ratti era stato fatto nuotare liberamente in una piscina per 6 ore, mentre contempo­raneamente un altro gruppo era stato sottoposto a stimoli esterni, con tanto di zavorra addizionale, e fatto nuotare freneticamente per 20 secon­di e riposare per 10. Uno sfor­zo estenuante fatto a interval­li regolari per un totale di 4 minuti. A esperimento con­cluso, i ricercatori giapponesi hanno esaminato le fibre mu­scolari sia dei topi maratone­ti, sia di quelli sottoposti a un esercizio sfiancante ma limi­tato nel tempo, scoprendo che in entrambi si erano veri­ficate identiche modificazio­ni molecolari che presagiva­no un miglioramento della ca­pacità di resistenza. Gibala ha applicato la stes­sa sperimentazione alla mac­china umana, sottoponendo i suoi studenti a uno sforzo si­mile: per loro ha programma­to un allenamento alla cyclet­te differenziato. Un gruppo ha pedalato 3 volte alla setti­mana a un ritmo sostenibile per 2 ore, gli altri hanno spa­rato tutto quello che avevano in corpo in 6 «ripetute» di 20-30 secondi, intervallate da 4 minuti di recupero. Dopo due settimane tutti gli studen­ti, senza distinzione tra chi aveva pedalato 6 ore e chi lo aveva fatto al massimo delle proprie possibilità per 6 mi­nuti, avevano incrementato la propria forma fisica.
«Il nu­mero e la dimensione dei mi­tocondri sono aumentati in modo sensibile — sostiene il professor Gibala — un risulta­to che prima di questo studio veniva associato solo a lavori di lunga durata». L’aumento del volume dei mitocondri ha un grande im­patto sulle prestazioni di resi­stenza, migliorando l’utilizza­zione dell’ossigeno da parte delle fibre muscolari. Una frontiera interessante, che se esplorata potrà evidenziare come pochi minuti di sforzo estremo possano essere suffi­cienti per mettersi in forma. E le palestre all’improvvi­so potrebbero riempirsi dei forzati del tutto e su­bito. Enrico Arcelli, profes­sore al Dipartimento di salute, alimentazione e sport dell’università di Mila­no, l’uomo che ha «inventa­to » la grande avventura del record dell’ora di Francesco Moser, è scettico: «Non cono­sco questi studi e dico che sarebbe davvero bel­lo se fosse così. Oggi sappiamo che per avere dei risultati si deve mi­gliorare non solo la fun­zionalità del cuore, ma anche quella della periferia, perché i muscoli devono essere in gra­do di utilizzare l’ossigeno che arriva loro attraverso il san­gue. Uno stimolo troppo in­tenso produce acido lattico che va a inibire lo sviluppo dei mitocondri: a quel punto il risultato diventerebbe con­troproducente. Ecco perché nell’allenamento c’è sempre un limite di intensità dello sforzo oltre il quale è inutile, se non dannoso, andare».
Arcelli è scettico: «È prova­to che la massima riduzione del rischio di infarto, fino al 50 per cento, si ha correndo 75 chilometri alla settimana. Ma già con 30 km il rischio si abbatte del 40 per cento. E per perdere peso senza modi­ficare la propria dieta, con tut­ti i miglioramenti indiretti quali l’abbassamento della pressione, la produzione del colesterolo buono, la riduzio­ne del diabete, bisogna corre­re almeno 6 chilometri al gior­no… ». Più possibilista è Paolo Bo­nolis, classe 1961, che lo sport lo pratica per diverti­mento. Buon tennista, sem­pre in campo nelle «partite del cuore» di calcio, conside­ra il tempo dedicato alla cura della forma fisica importante «non solo per il fisico, ma an­che per lo spirito». La novità lo incuriosisce: «Chi ha solo 6 minuti alla settimana da dedi­carsi può stare tranquillo! Ci dà dentro come un pazzo e il risultato è ottenuto. Mi sem­bra, però, una situazione un po’ bizzarra; mi fa pensare al­la differenza fra slow food e fast food. Sei minuti e via, tut­to finito e hai tempo per fare le altre cose. Interessante, ma che rottura».

martedì 9 giugno 2009

Yahoo Answers

Con più di 90 milioni di utenti in tutto il mondo, Yahoo! Answers è la più grande community di condivisione di conoscenza sul Web. Answers è una comunità dove puoi fare domande e ottenere risposte vere da persone fisiche. È divertente ed istruttivo perché puoi inviare domande su qualunque argomento, da quello serio a quello frivolo. Inoltre, puoi fornire il tuo aiuto agli altri utenti rispondendo alle loro domande. Il gioco sta nel condividere ciò che sai e ciò che vuoi sapere. Pertanto non tenerti per te le domande, rispondendoti da solo... entra e inizia a condividere le informazioni!

martedì 19 maggio 2009

prostituzione in aumento, causa recessione..

http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/09_maggio_17/crisi_lucciole_porta_accanto_prostituzione_michele_focarete-1501364833743.shtml

Mi sono chiesto..Sono donne le studentesse che battono per 500 euro?oppure perdono il mio rispetto e la loro dignità?

giustificando loro, pensando che siano persone a posto, sminuiamo tutte le altre che si danno da fare, studiano, lavorano nei pub milanesi, lavorano come commesse, facendo il triplo della fatica per arrivare a fine mese, studiando e lavorando dignitosamente...

Ogni essere umano fa ciò che vuole, di sicuro sono più squallidi gli uomini che pagano per andare a letto pagando, ma mi sorge un dubbio...se quelle donne siano o meno differenti da quegli uomini..

Quanto alle casalinghe o alle lavoratrici, anche loro non sono in una posizione diversa rispetto alle studentesse che si donano in cambio di denaro.

E i media...sappiamo benissimo che il mondo è popolato anche da prostitute di qualsiasi tipo, razza, ceto sociale. Ma forse non esagerano un tantino, giusto per scrivere qualcosa e per fare audience? ogni tot si legge di studentesse che si danno per pagarsi le rate dell'università.. non ho mai incontrato nessuna ragazza che si prostituisce per studiare, è già antipatico lo studio di per sè...siamo davanti a una situazione un po' ambigua forse: ragazze che amano così tanto lo studio, e che necessitano dello studio per vivere, e quindi sono disposte a fare questo enorme sacrificio pur di studiare, prostituirsi. I media hanno qualcosa che non mi convince...

lunedì 20 aprile 2009

schema ponzi

Lo schema di Ponzi (spesso confuso con lo schema piramidale o il marketing multilivello) è un modello economico di vendita truffaldino che promette forti guadagni alle vittime a patto che queste reclutino nuovi "investitori", a loro volta vittime della truffa.

Lo schema di Ponzi permette a chi comincia la catena e ai primi coinvolti di ottenere alti ritorni economici a breve termine, ma richiede continuamente nuove vittime disposte a pagare le quote. I guadagni derivano infatti esclusivamente dalle quote pagate dai nuovi investitori e non da attività produttive o finanziarie[1].
Il sistema è naturalmente destinato a terminare con perdite per la maggior parte dei partecipanti, perché i soldi "investiti" non danno alcuna vera rendita né interesse, essendo semplicemente incamerati dai primi coinvolti nello schema che li useranno inizialmente per rispettare le promesse. La diffusione della truffa spesso diventa di tale portata da renderla palese, portando alla sua interruzione da parte delle autorità.
Le caratteristiche tipiche sono:
Promessa di alti guadagni a breve termine
Ottenimento dei guadagni da escamotage finanziari o da investimenti di "alta finanza" documentati in modo poco chiaro
Offerta rivolta, all'epoca in cui fu architettata la truffa, ad un pubblico non competente in materia finanziaria
Investimento legato ad un solo promotore o azienda
Risulta evidente che il rischio di investimento in operazioni che sfruttano questa pratica è molto elevato. Il rischio è crescente al crescere del numero degli iscritti, essendo sempre più difficile trovare nuovi adepti.
In Italia, Stati Uniti e in molti altri Paesi, questa pratica è un reato, essendo a tutti gli effetti una truffa.
Esempio [modifica]
Un promotore promette guadagni fuori dagli standard su un investimento a breve termine, spesso riferendosi in termini fumosi a meccanismi complessi o inesistenti.
Senza un investimento documentato, solo pochi investitori danno fiducia al promotore, il quale si assicura di rispettare i patti: pagherà quanto pattuito, anche se lo farà andando in perdita o più spesso prelevando fondi versati da nuovi investitori. In seguito così potrà beneficiare della sua buona fama per far aumentare il capitale investito e il numero degli investitori.
I primi investitori, ripagati, reinvestiranno i fondi e parleranno bene dell'investimento attirando nuove vittime, fino a che il promotore, giunto al massimo del guadagno, sparirà nel nulla con i soldi presenti in quel momento.
Spesso tuttavia la difficoltà di reperire nuovi adepti porterà lo schema a collassare da solo, non riuscendo a ripagare gli investimenti o venendo scoperto dalle forze dell'ordine

esempio celebre di uno schema Ponzi è quello messo in piedi dall'ex presidente del Nasdaq Madoff

domenica 12 aprile 2009

Caso etico. E voi come la pensate?

WASHINGTON - Una storia di amore materno estremo sta spaccando in due l’America. Nikolas Evans, un giovane di 21 anni che voleva sposarsi e avere figli, è stato ucciso in una rissa a Bedford nel Texas. E la madre Missy Evans, di 42 anni, divorziata, ha ottenuto che gli fosse prelevato lo sperma da morto per fecondare una volontaria. La donna non ha ancora trovato chi porterà a termine la gravidanza, ma è certa di riuscirci. «Alleverò io il figlio di Nikolas nella sua memoria» ha dichiarato. «Nikolas mi aveva persino detto che nome voleva dargli». Il giovane, caduto a terra sbattendo la testa in seguito a un pugno, è morto di trauma cranico il 5 scorso.
L'AUTORIZZAZIONE - La madre ha subito consultato un urologo, che la ha assicurata che anche da morto avrebbe potuto diventare padre, e ha chiesto l’autorizzazione al tribunale. Avutala, ha predisposto per la conservazione dello sperma e si è messa alla ricerca di una “surrogate mother”, come vengono chiamate le donne che si prestano a essere fecondate a pagamento, in genere per dare figli a coppie dove la moglie non può concepire. «Non c’è stata contestazione da parte di nessuno» ha affermato il suo legale, Mark Mueller.
LA CONTESTAZIONE - La contestazione è tuttavia esplosa quando la vicenda è diventata pubblica. Parte dei media si sono schierati per Missy Evans, scrivendo che fa solo la volontà del figlio, parte contro, scrivendo che l’idea di fare di un morto un padre è macabra. Anthony Mayo, il direttore del Centro di etica e di responsabilità pubblica del Texas, ha obiettato che la donna vuole “rimpiazzare” egoisticamente il figlio perduto con il nipote. Art Caplan della Università della Pennsylvania ha ammonito che «il giorno che apprendesse la verità, un bambino nato in queste circostanze potrebbe avere seri problemi». Secondo Caplan, nell’ultimo decennio si sono verificate in America circa mille vicende analoghe. Ma, ha precisato, «mi risulta che alla fine le madri, le mogli, le fidanzate dei defunti abbiano sempre rinunciato al progetto: so solo di figli in provetta di padri destinati a morire in breve tempo ma ancora vivi al momento della fecondazione». Missy Evans ha confutato le critiche: «Ho altri due figli - ha spiegato - e li ho consultati, insieme col mio ex marito, con altri familiari, con amici. Siamo tutti d’accordo e sappiamo che Nikolas sarà felice della nostra decisione».

domenica 29 marzo 2009

Focus sul modello della tripla elica


Il modello della tripla elica (triple helix) è basato sulla stretta cooperazione tra tre enti di tipo diverso, i tre pilastri della prosperità di un paese:

-università

-imprese

-Stato


Il funzionamento del modello avviene a partire dallo Stato, che dovrebbe ricoprire il ruolo di mediator, e influenzare la cooperazione e le sinergie tra università (o enti di ricerca) e imprese, e tra le imprese stesse. La ricerca va incentivata, vanno destinati fondi sempre maggiori allo sviluppo di tecnologie, e all'incremento e diffusione del know-how ossia della conoscenza. Per fare questo ci vuole l'intervento statale, un intervento mirato e attivo. Cosa che purtroppo manca in Italia. Addentrandoci nel modello scopriamo che il vero know-how viene generato dalla collaborazione delle imprese con le università, in un'ottica di interscambio. Le università creano conoscenza, che deve essere trasferita alle imprese (per non finire quindi inutilizzata). Le imprese a loro volta dovrebbero remunerare la ricerca; preferisco parlare in termini di interscambio di conoscenza. Per cui le imprese a loro volta devono essere attive nella ricerca, cooperare piuttosto che incentivare. Quindi avviene un vero e proprio scambio di risorse e di conoscenza. Questo processo viene soltanto indotto dallo Stato. Maggiore è l'incentivo dato alle imprese e alle università, maggiore sarà l'output totale. La vera forza degli Stati Uniti è il buon funzionamento di questo modello. In Italia manca questo tessuto culturale, si spera soltanto che cambi qualcosa in un futuro a noi vicino

Tripla elica

Negli Stati Uniti il modello della Tripla Elica ha generato un incremento impressionante nella produttività del sistema della “Ricerca Applicata”, con ricadute interessanti nel mondo dell’industria e dei servizi e relativi positivi risvolti occupazionali.Ecco l'esempio di una esperienza eccellente:Guven Yalcintas è il Vice Presidente del Technology Transfer Office della State University di New York. L’ente si occupa della “mediazione” tra Imprese, Università e Stato: fa parte di una fondazione indipendente che mantiene la “dovuta distanza” tra i tre elementi che compongono l’elica. Un simpatico cinquantenne, con aria da neo-pensionato in vacanza a Torino, si rivela il responsabile di una “macchina” con un budget annuale da 800 milioni di dollari totalmente dedicato alla ricerca, che sforna per l’industria 450 brevetti l’anno.L’inizio di questa avventura -alla fine degli anni ottanta- è stato pionieristico, quando questo “ex professore universitario” era in cerca di 200 mila dollari per “mettere in piedi” un Technology Transfer Office. Banche, Assicurazioni, Fondazioni, Privati, ecco dove andare a cercare questa “imponente” cifra: non avrebbe mai pensato di arrivare quindici anni dopo a moltiplicare per 4000 volte il budget “sognato”.
Il concetto di Technology Transfer in Italia è poco applicato proprio perché è spesso difficile “far parlare” le imprese ed il mondo dell’Università anche a causa delle dimensioni ridotte delle nostre aziende: la correlazione tra progetti svolti e risultati ottenuti spesso non è immediata o così strettamente controllata come negli USA dove la selezione dei progetti da finanziare è estremamente attenta e porta matematicamente alla generazione di brevetti e nuovo Know-how .

lunedì 23 marzo 2009

...

DAIMLER - Aumento di capitale da 1,95 mld, Abu Dhabi primo socio
Websim - 23/03/2009 08:33:25
Daimler potrebbe registrare in avvio di seduta importanti variazioni di prezzo, nell'asta di pre apertura il titolo sale del 6%. Il gruppo auto tedesco tha annunciato un aumento di capitale da 1,95 miliardi di euro riservato al fondo di Abu Dhabi, Aabar Investments. Con questa operazione cambia la struttura di controllo di Daimler, Aabar diventa il primo azionista con il 9,1% del capitale. La società di Stoccarda ha spiegato che le nuove risorse forniscono "maggiore flessibilità negli investimenti in tecnologie innovative".Le nuove azioni sono state emesse a 20,27 euro, il 5% in meno del prezzo di chiusura di venerdì e la metà del valore del titolo il 17 di giugno del 2008, data in cui la società aveva annunciato un buy back da 6 miliardi di euro.Daimler ha cassa per 6,91 miliardi di euro ma nel corso dell'anno ha debiti in scadenza per un totale di 10 miliardi di euro.
-------------

FIAT - Goldman Sachs alza il giudizio sui titoli auto europei
Websim - 23/03/2009 08:46:56
Fiat (F.MI) potrebbe registrare in avvio di seduta importanti variazioni di prezzo. Stamattina Goldman Sachs ha alzato ad attractive la raccomandazione sul segmento auto europeo ed ha confermato la presenza del titolo del gruppo italiano nella lista dei preferiti, il giudizio sul gruppo italiano resta buy con target price a 7 euro. IlSole24ore di sabato scrive che il nuovo partner di Fiat in Cina potrebbe essere GAIG (Guangzhou Automobile Industry Group). L'amministratore delegato del gruppo, Sergio Marchionne aveva affermato, in settembre, che GAIG era uno dei soggetti con cui erano in corso trattative. L'Unrae, l'associazione delle case automobilistiche estere attive in Italia, ha detto di prevedere per marzo, immatricolazioni a livelli "chiaramente" superiori a quelli del marzo 2008 grazie agli effetti positivi degli incentivi.

giovedì 12 marzo 2009

More Companies At Risk of Failing

Moody's, the ratings agency, recently published a list of "bottom rung" companies most likely to default on their debt. The criteria are technical, but the upshot is that a lot of companies are in deep trouble - and the list is getting longer, not shorter. Moody's predicts that the default rate on corporate bonds this year will be three times higher than in 2008, and 15 times higher than in 2007. Defaults are often the last step before a bankruptcy filing. And bankrupt companies, obviously, don't usually hire people. They dramatically shed costs and workers and sometimes liquidate completely, firing everybody.
[See 15 firms that might not survive 2009.]
So the Moody's findings help explain why most economists expect the unemployment rate, now 8.1 percent, to rise as high as 9 or 10 percent before it starts to drift back down. And right now, real and perceived fears about job security are the main force driving a contraction in consumer spending, and the economy as a whole. Here's what the bottom-rung report tells us about the next several months:
There will be a lot more bankruptcies. Moody's places 283 companies on its bottom-rung list, up from 157 a year ago. Since the quarterly list was last updated, 73 additional companies have fallen to the bottom rung. Twenty-four companies made their way off the list - but mostly because they defaulted on their debts. Only one company, Landry's Restaurants, got off the list because its circumstances improved.
[See why bank nationalization terrifies Wall Street.]
Companies exposed to consumer spending have it toughest. The industries most represented on the list are media, automotive, retail and manufacturing. Companies in the most acute danger are those with reduced cash flow and a high debt load. A lot of big, well-known companies are in danger. On the list: Advanced Micro Devices; AirTran; AMR (parent of American Airlines); Chrysler; Duane Reade; Eastman-Kodak; Ford; General Motors; JetBlue; Krispy Kreme; Palm; R.H. Donnelly; Reader's Digest Association; Rite-Aid; UAL (parent of United Airlines); Unisys; and US Airways.
Many of the other firms on the list are second- or third-tier suppliers to automakers, airlines, and other troubled firms. Being on the list doesn't mean a firm is destined for bankruptcy. But it does mean the company faces severe constraints in terms of raising new capital, making new investments, and hiring. Instead of expanding, it may be far more inclined to sell assets, streamline or close divisions, and lay people off to cut costs and raise cash.

America's malls are going to end up looking a lot different. The retail sector is obviously getting hammered, with chains like Circuit City and Linens 'n Things already out of business. Many other retail chains are in trouble. Also on the bottom-rung list: Barney's; BCBG Maz Azria; Blockbuster; Brookstone; Claire's Stores; Eddie Bauer; Finlay Fine Jewelry; Harry & David; Loehmann's; Michael's Stores; Oriental Trading Co.; and Sbarro. Again, this doesn't mean the company is doomed. But many of these firms will restructure, close outlets, shrink, and find ways to transform themselves. So if you ever go back to the mall, and your favorite shop has disappeared, you'll know why.

martedì 3 marzo 2009

Iago


Versione attualizzata dell'Otello shakespeariano dal punto di vista di Iago, studente universitario povero ma talentuoso, che si vede soffiare Desdemona, la ragazza che ama segretamente, e anche un importante progetto di lavoro da Otello, bello e raccomandato. Iago decide quindi di vendicarsi...
Ho visto ieri sera questo bel film che vi raccomando se volete vedere una bella storia d'amore, un personaggio interessantissimo e la bella Venezia..trama ben articolata

Incassi Iago Italia
Primo Weekend: € 964.000

giovedì 26 febbraio 2009

Genio della matematica

COMO — Da hacker a cacciatore di pirati della rete. Un giovane «campione» informatico romeno, in carcere per un maxiraggiro online, collaborerà con le forze dell'ordine lariane. La Procura vorrebbe sfruttare le doti matematiche fuori dal comune del detenuto per stanare i malviventi che si nascondono nel mondo della tripla w. Il ragazzo, Gabriel Bogdan Ionescu, ventiduenne originario della Romania, ha già fatto parlare di sé. Nel bene e nel male. Nel suo curriculum, il giovane vanta infatti una medaglia d'oro alle Olimpiadi di matematica dei Balcani e il primo posto assoluto al test d'ingresso della facoltà di ingegneria del Politecnico di Milano. Ma anche una condanna a tre anni e due mesi per truffa informatica, pena che sta tuttora scontando nel carcere del «Bassone» di Como. Da qui però, il ragazzo potrebbe uscire tra poche settimane per passare dall'altra parte della barricata, pur restando seduto davanti allo schermo di un computer.

Ben venga la sua libertà in cambio di progetti vincolanti con la Polizia a favore della lotta ai pedofili soprattutto, e anche per implementare i sistemi di sicurezza per le carte di credito o di debito. Mi chiedo perchè queste cose hanno scarsa risonanza a livello nazionale, mentre si sentono solo informazioni negative

articolo completo:
http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/09_febbraio_25/hacker_gabriel_ionescu_lavora_tribunale_como-1501034956829.shtml

Obama in azione

Entro l'agosto 2010, tutte le unità da combattimento americane andranno via dalla Mesopotamia. «Ne parlerà in dettaglio — ha detto Biden —, penso che il pubblico americano capirà esattamente cosa stiamo facendo e ne sarà soddisfatto». Durerà quindi 19 e non 16 mesi, come Obama aveva promesso in campagna elettorale, il processo di ritiro. Una piccola concessione alle richieste dei comandanti militari, preoccupati di consolidare i successi degli ultimi mesi e rafforzare le istituzioni politiche locali, che nulla toglie però al rispetto dell'impegno di fondo, che è stato la cifra della sua candidatura e una delle ragioni del suo successo. Dopo sei anni di guerra e oltre 4.200 soldati caduti, il nuovo capo della Casa Bianca chiude il capitolo più pericoloso dell'avventura irachena. Ma, come anticipato, la decisione non mette fine alla presenza americana in Iraq: decine di migliaia di soldati rimarranno nel Paese, per addestrare le forze irachene, vegliare sulle installazioni Usa, dare la caccia alle cellule terroristiche.

Io mi chiedo se questa gestione avrà successo, in relazione all'alto grado di penetrazione delle cellule terroristiche in medio oriente. Senz'altro sarà difficile un futuro prosperoso in Iraq, con le organizzazioni terroristiche sempre pronte all'attacco e alla penetrazione in territori poco difesi. L'Iraq è un paese con una storia formidabili ma ne dopo Saddam non si è creato nulla di così forte al momento, noi non sappiamo quasi niente sulle condizioni politiche di questo paese, e sinceramente sono scettico su una propria autosufficienza. Si spera che gli Stati Uniti facciano abbastanza. Certamente abbandonare la guerra significa avere meno costi in termini di vittime tra i propri soldati sia in termini economici. Si dovrà poi vedere il futuro iracheno, in termini di benessere e di sicurezza della popolazione, che difficilmente si farà assoggettare a regimi dittatoriali ma che sarà abbastanza debole davanti ai big del terrorismo

martedì 24 febbraio 2009

Businesswomen arabe


Le aziende arabe che vantano la presenza di consiglieri donne nei consigli di amministrazione, realizzano utili superiori a quelli dei competitori che «ripudiano» le quote rosa nel cda. A rilevarlo è un'indagine dell'anno scorso condotta da Hawkamah, Istituto for Corporate Governance. In base ai riscontri ottenuti, le vendite realizzate dalle aziende con più di tre donne consigliere sono superiori del 42% rispetto ai risultati conseguiti delle aziende amministrate da solo da gentlemen. Quando le aziende sono quotate in borsa, il cda in rosa consolida mediamente un ritorno sul valore delle azioni del 53%. Nonostante le potenzialità e il valore aggiunto della donne nei cda delle aziende arabe, il numero delle donne top manager e di quelle presenti nei consigli d'amministrazione rimangono ancora bassi. Nei paesi del Golfo, su 4.254 consiglieri sono solo 63 i posti riservati alle donne. Con lo 0,1% , l'Arabia Saudita è il Paese arabo con il tasso di rappresentazione rosa nel cda più basso in medio oriente. Con rispettivamente il 2,7% e il 2,3 % il Kuwait e l'Oman sono i paesi dove le donne consigliere sono più rappresentate. In Kuwait invece, ci sono 30 donne su 1,101, mentre in Oman 21 su 905. Seguono Dubai con l'1,2%, il Bahrain con l'1% e il Qatar con l'0.3%. Negli Stati Uniti la rappresentanza rosa nei board è del 13,6%, in Norvegia è del 22%.


Nel mondo professionale e imprenditoriale femminile arabo si stanno sviluppando nuove dinamiche e trend molto interessanti. Innanzitutto ci sono due tipi di business woman. La prima è rappresentata dalle titolari di capitale accumulato senza lavorare ( le tipiche casalinghe saudite pagate per stare a casa o per viaggiare) o per ricchezza ereditata. E' un tipo di investitrice sofisticata che capitalizza la sua ricchezza soprattutto con la compravendita di azioni o di immobili. Non a caso, l'anno scorso, 18 milioni di azioni del Nasdaq Dubai sono state comprate e vendute da investitrici donne. L'altro tipo di manager araba è colei che lancia un nuovo business oppure si siede nel consiglio di amministrazione di un grosso gruppo in seguito all' acquisizione di una rilevante quota del pacchetto azionario. In altre parole, quando la business woman araba si trova dei filtri o delle barriere che la tengono fuori dal management, invece di entrare nel cda attraverso il merito, si conquista un posto da consigliera tramite l'acquisto delle azioni. Le donne arabe dispongono di grandi asset, soprattutto capitali liquidi. Negli Emirati, le donne controllano ricchezze che valgono 245 miliardi di dollari e che diventeranno 385 nel 2011. Le più ricche sono le saudite con 11 miliardi di dollari. Il 30% dei conti correnti del regno saudita sono intestati alle signore.


Contrariamente ai pregiudizi sulle condizioni economiche delle donne musulmane, lo statuto islamico sull'eredità avvantaggia più il portafoglio delle mogli e delle figlie rispetto a quello degli uomini. Il guadagno facile conseguito dai patrimoni ereditati dai parenti, quelli ottenuti grazie alle doti matrimoniali o alla buona uscita dei divorzi non deve far svalutare la capacità imprenditoriali delle donne arabe. L'anno scorso, uno studio di Barclays (Barclays Wealth Survay) ha rilevato come le donne arabe siano le più pratiche al mondo nella gestione di fondi di investimento e le più confidenti negli investimenti immobiliari e nella pianificazione pensionistica. All'università Americana di Beirut, negli anni ottanta, solo il 15% degli studenti in materie finanziarie erano donne. Oggi sono la metà. Secondo la ricerca intitolata "Women Business Owners in the UAE ( Le imprenditrici proprietarie negli Emirati) promossa dall'International Finance Corporation, la maggior parte delle imprenditrici negli Emirati Arabi hanno lanciato i loro business (come saloni di bellezze, agenzie per l'organizzazione di feste matrimoniali, e studi di interior design), senza richiedere prestiti bancari ma investendo i loro risparmi. Alla fine, nei paesi più conservatori, gli investitori più audaci sono le donne.

martedì 17 febbraio 2009

Città senz'auto: un futuro possibile, ma l'Italia è indietro

A Milano, per far posto alle 800mila auto che arrivano ogni giorno da fuori, più le 820mila auto di proprietà dei residenti, in tutto si dedicano alla sosta oltre 16 milioni di metri quadrati. Come 2.250 campi da calcio, quasi il 10% del territorio cittadino.

Illustriamo diversi progetti internazionali. Il sistema di trasporto di Berlino è un esempio di come «un'efficiente rete di trasporti possa ridurre la necessità di usare l'automobile». Madrid, organizzata in maniera multinucleare, ovvero con diversi centri, raggiunge un obiettivo simile. C'è poi Los Angeles: «Città dell'auto per eccellenza che però sta incrementando il trasporto su rotaia».